Con Moby Dick alla prova in scena sabato 13 (ore 21) e domenica 14 (ore 17) il Teatro di Pisa chiude la Stagione di Prosa 2023/24 firmata in collaborazione con Fondazione Toscana Spettacolo: dieci titoli in diciassette repliche con grandi interpreti e importanti produzioni segnati da sensazionali ‘tutto esaurito’.
Sul palco del Verdi la regia di Elio De Capitani porta ora lo spettacolo a suo tempo diretto e interpretato da Orson Welles, un testo inedito in Italia e che, al suo debutto l’11 gennaio 2022 all’Elfo Puccini di Milano, ha ottenuto un notevolissimo successo.
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“Personaggi bellissimi, restituiti in modo magistrale e parti cantate. Noi abbiamo realizzato questo spettacolo ‘totale’, con in più la gioia di una sfida finale impossibile: l’apparizione del capodoglio. E con un semplice trucco teatrale siamo riusciti a crearla in scena”.
Accanto a De Capitani (che interpreta Achab, padre Mapple, Lear e l’impresario teatrale) ci saranno Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Di Sacco, Vincenzo Zampa. Il cast salda le eccellenze artistiche di tre generazioni di interpreti. La musica dal vivo di Mario Arcari e i canti diretti da Francesca Breschi(vibranti rielaborazioni degli sea shanties) riempiono intensamente la scena generando emozioni profonde, in uno spazio dominato da un fondale enorme, eppure leggero, cangiante e mutevole, capace di evocare l’immensità del mare e la presenza incombente del capodoglio.
La produzione di questo spettacolo di dimensioni corali vede associati il Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.
Orson Welles portò al debutto il suo testo il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra. Lo mise in scena in un palco praticamente vuoto, scegliendo di non dare al pubblico né mare, né balene, né navi. Solo una compagnia di attori e sé stesso in quattro ruoli, Achab compreso. E vinse la sfida di portare in teatro l’oceanico romanzo di Melville gettando un ponte tra la tragedia di Re Lear e Moby-Dick: l’ostinazione del re – che la vita, atroce maestra, infine redimerà – si rispecchia in quella irredimibile, fino all’ultimo istante, dell’oscuro e tormentato capitano del Pequod.
Splendidamente tradotto per l’Elfo dalla poetessa Cristina Viti, il copione di Welles restituisce con forza d’immagini la prosa del romanzo.
“Achab, come Kurtz in Cuore di tenebra, per devastare la natura, soggioga i suoi simili e ne fa strumento del suo odio”, spiega De Capitani nelle note di regia; “vitalismo rapace, prepotentemente ma non esclusivamente occidentale, che rappresenta quella parte d’umanità che ci porta al disastro, al gorgo mortale che inghiotte la Pequod. Siamo alla sesta estinzione di massa, siamo al riscaldamento globale, siamo sull’orlo del baratro e continuiamo a correre. Generando odiatori meno mitici ma altrettanto ferali di Achab.
Diciamolo: Moby-Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli, tra passato e futuro, nel respiro di ogni istante della nostra vita”.